Patologia biliare non neoplastica


 

INTRODUZIONE
Nella considerazione delle patologie di pertinenza dell'albero biliare spicca la distinzione tra lesioni in grado di determinare ittero e lesioni non accompagnate da questo rilievo sintomatologico.
Sotto il profilo strettamente chirurgico è evidente che l'interesse cade sulle patologie in grado di determinare una compromissione del deflusso biliare nella direzione fisiologica duodenale; fatte salve le lesioni neoplastiche - di cui si tratta in una sezione specifica - esiste una vasta gamma di patologie che si evidenziano con ittero, per le quali l'impegno chirurgico offre non poche difficoltà sia decisionali che realizzative, specialmente nell'ambito del "timing" di intervento terapeutico.
In considerazione della frequenza e della incidenza, le cause principali di ittero benigno vanno dalla litiasi alle stenosi iatrogene e non, dalla dilatazione cistica congenita alle atresie, dalle flogosi stenosanti agli accidenti traumatici.
Un simile coacervo di cause patogenetiche, tutte accomunate dall'ittero ma sostanzialmente differenti tra loro per caratteristiche di origine ed evoluzione, necessita di una trattazione dettagliata al fine di condurre alla corretta e rapida risoluzione del problema.

La colelitiasi è una delle più frequenti patologie dell'età adulta, con incidenza crescente con l'età (35% nella VIII decade di vita, 10% a cavallo della IV e V decade).
La frequenza con la quale si presenta in età infantile è parallela alla frequenza di malattie emolitiche in tale periodo della vita; lo stesso vale per l'incidenza intorno alla III decade nelle donne in relazione alla frequenza di gravidanze in questa fascia di età.
Oltre alla composizione dei calcoli - distinti in puri (di solo colesterolo), misti (composti di colesterolo per il 70% e di sali di calcio, bilirubina, acidi biliari, proteine e detriti per il restante 30%) e di pigmento (bilirubina e materiali organici, non colesterolo) - merita attenzione la loro localizzazione ed il rapporto volumetrico tra la formazione litiasica e la sezione biliare dove è posizionata.
Alla formazione dei calcoli - ben rappresentata schematicamente dal triangolo di Admiral e Small - concorrono sia fattori intrinseci che fattori predisponenti.
Il processo, che passa per i tre stadi successivi - saturazione della bile, cristallizzazione del colesterolo per cambiamento di stato da liquido a solido, crescita per aggregazione e coalescenza intorno ad un nucleo centrale - si realizza nella colecisti dove la bile staziona e viene concentrata fino a venti volte la sua densità di origine (bile epatica); ciò a dimostrazione che la stasi biliare è il fattore principale nell'accrescimento dei calcoli.
A detto processo concorrono fattori predisponenti ben noti, quali l'obesità, la gravidanza, l'assunzione di farmaci inibitori della sintesi del colesterolo, la stasi biliare e la conseguente ipertensione intraduttale, la superinfezione batterica, la litogenicità della bile, la compromessa riserva funzionale epatica con ridotta secrezione di lecitine ed acidi biliari.
Una dettagliata trattazione di tutti gli aspetti citati, delle caratteristiche cliniche delle varie fasi di evoluzione e delle tattiche terapeutiche disponibili è oggetto di una sezione specifica.

02.

03.

04.

La dilatazione cistica congenita delle vie biliari è una rara affezione che si manifesta generalmente nella II e III decade di vita, ma non è infrequente nella I decade (30% dei casi).
Assai diffusa tra le popolazioni orientali, è caratterizzata dalla dilatazione circoscritta di un qualsiasi segmento della via escretrice biliare; comune denominatore delle diverse forme è la presenza di una stenosi o - più raramente - di una completa ostruzione del tratto pre-papillare del coledoco intrapancreatico.
Descritta per la prima volta da Vater nel 1723, è stata oggetto di notevole interesse da parte di studiosi giapponesi (su tutti Todani, 1978) per l'alta frequenza con la quale la patologia si registra in questo paese; e di Alonso-Lej (dal quale prende il nome la sindrome clinica).
Alla distinzione di quest'ultimo in tre forme - cistica, diverticolare e coledococele - ha fatto seguito la più dettagliata classificazione di Todani in 5 tipi principali e 5 sottotipi:
Tipo I : dilatazione sacciforme dell'intero coledoco, distinto in : 
 Ia : dilatazione concentrica del coledoco
 Ib : dilatazione aneurismatica del coledoco, con risparmio del tratto prossimale alla confluenza con il dotto cistico
 Ic : dilatazione concentrica dell'epatocoledoco
Tipo II : dilatazione diverticolare del coledoco sovraduodenale.
Tipo III : dilatazione concentrica del coledoco intrapancreatico; denominata anche "coledococele", per il rivestimento mucoso duodenale è anche definita cisti enterogena.
Tipo IV : dilatazioni diverticolari multiple sul decorso dei due dotti epatici e del dotto epatico comune (Longmire). Definita "varietà diverticolare o policistica" è stata suddivisa da Todani in due sottotipi:
 IVa : dilatazione sacculare combinata del coledoco e dei due dotti epatici o delle ramificazioni intraepatiche
 IVb : dilatazione sacculare combinata del coledoco sovraduodenale e del coledoco intrapancreatico
Tipo V : dilatazione cistica dei rami biliari intraepatici (sindrome di Caroli).
Etiologia e meccanismo patogenetico sono tutt'ora controversi. Da tutti è riconosciuta una componente congenita : anomala proliferazione dell'epitelio duttale durante la fase di occlusione del coledoco primitivo (secondo Yotuyanagi) su una sede di debolezza parietale segmentaria della via biliare causata da  ipervacuolizzazione durante lo sviluppo embrionario (secondo Alonso-Lej).
A detta componente congenita si sovrappone un fattore acquisito, rappresentato da una qualunque causa di alterazione del normale deflusso biliare che si traduce in ipertensione biliare.
L'effetto immediato è la proliferazione del rivestimento epiteliale e successiva sostituzione con connettivo lasso che va a tappezzare la dilatazione che si va delineando.
Tale meccanismo patogenetico spiega la presenza costante di una stenosi pre-ampollare in tutti i casi di dilatazione cistica congenita biliare.
Le manifestazioni cliniche sono intermittenti, legate alla compressione della formazione cistica repleta di liquido biliare e caratterizzate dalla triade sintomatologica : dolore in sede ipocondriaca destra, ittero, massa palpabile. A tali sintomi si aggiungono brividi e febbre (quando si instauri una condizione di angiocolite), nausea, vomito ed anoressia.
Le complicanze - ostruzione biliare, cirrosi biliare, ipertensione portale e rottura della cisti (frequente in gravidanza, secondo una incidenza del 20% dei casi) - mettono in allarme fin dalla definizione diagnostica della lesione; e più ancora la possibile cancerizzazione della parete cistica, specie per lesioni di vecchia data decorse asintomatiche.
Per tali ragioni alla definizione diagnostica - ottenuta con l'esame in bianco dell'addome (se sono presenti calcificazioni parietali), l'ultrasonografia, la TAC, e la colangiografia ascendente endoscopica - deve seguire una sollecita decisione terapeutica, modulata sull'aspetto morfologico e sull'estensione della lesione.
Pertanto al tipo II si riserva una semplice escissione dell'espansione diverticolare e ricostruzione diretta della continuità parietale; al tipo III (coledococele) l'escissione transduodenale della parete cistica, realizzando così una ampia comunicazione tra via biliare e lume duodenale.
Per i tipi I e IV alla necessità di asportazione del tratto cistico si aggiunge l'obbligo di una derivazione bilio-digestiva, preferendo allo scopo l'impiego di un'ansa digiunale defunzionalizzata alla Roux.
Per il tipo V (malattia di Caroli) l'unica possibilità terapeutica è affidata al trapianto di fegato.
I risultati del trattamento sono soddisfacenti, con un indice di mortalità operatoria compreso tra 5% e 10%. Le recidive sono rare e riferibili il più delle volte ad errori tecnici. Solo raramente è necessario reintervenire per la correzione di una stenosi anastomotica delle derivazioni bilio-digestive.

05. 

06.
07.

08.
09. 

L'atresia congenita delle vie biliari è la causa più comune di ittero prolungato dell'età neonatale; con uguale incidenza nei due sessi, mostra una distribuzione in tutte le razze proporzionale alla frequenza nelle varie popolazioni ed una riconosciuta familiarità (non ereditarietà).
All'origine dell'anomalia vi è un difetto di sviluppo nel percorso di formazione del sistema duttale epato-biliare, con arresto di vacuolizzazione dei cordoni epiteliali che rappresentano la fase precoce dei dotti intra- ed extra-epatici.
Le percentuali di espressione della malformazione documentano di una vasta gamma di varianti, tutte accomunate dalla costante presenza di una dilatazione più o meno marcata del tratto biliare a monte di quello atresico, accompagnata da epatomegalia con caratteristica colorazione verdinica del parenchima ed aspetto diffusamente nodulare.
L'indagine istologica mostra una fibrosi degli spazi portali ed una proliferazione dei canalicoli biliari con segni di stasi; il tutto spiega il quadro evolutivo cirrotico (cirrosi biliare) nei soggetti affetti.
La tesi di un difetto embriogenetico è altresì confermata dalla coesitenza, in oltre un quarto dei casi, di altre malformazioni che coinvolgono il cuore, il tratto intestinale (ano imperforato e atresia duodenale), il tratto urinario; mentre non è infrequente la presenza di mongolismo.

CLINICA
L'indagine clinica pone in risalto la presenza di ittero fin dalla nascita, con evidenza conclamata intorno alla seconda o terza settimana di vita. Lo sviluppo del neonato - inizialmente apparentemente regolare - subisce un brusco freno per la comparsa di malnutrizione e conseguente ritardo di accrescimento.
Colpisce in questa fase l'incremento volumetrico dell'addome connesso con l'epatomegalia, più raramente con la coesistenza di ascite; successivamente si instaurano anche splenomegalia ed ipertensione portale.
L'evoluzione del processo si completa con la comparsa di difetti ossei (per deficiente assorbimento di vitamine liposolubili); meno frequenti sono le petecchie e le emorragie sottocutanee, espressioni di deficienza di vitamina K e conseguente riduzione del tempo di protrombina.
Alla clinica offre un sostanziale supporto il laboratorio, con i rilievi di una modesta anemizzazione (presente nelle fasi più avanzate), di una evidente ipercromia urinaria (con positività alla presenza di bile, non di urobilinogeno) ed acolia fecale (per l'ostruzione biliare che si instaura dopo il quarto mese di vita fetale); successivamente l'occasionale colorazione giallognola delle feci può essere spiegata con l'escrezione di pigmenti biliari di provenienza dalle ghiandole intestinali.
Un evidente campanello d'allarme è dato dal progressivo incremento della bilirubina sierica ben oltre il lasso di tempo fisiologico (ittero neonatale), unitamente all'incremento della fosfatasi alcalina e della glutammico-ossalacetico-transaminasi  (SGOT).

DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE
La citazione dell'ittero neonatale fisiologico apre il discorso della diagnosi differenziale che si impone ogni qualvolta si sospetti una atresia biliare: con le deficienze costituzionali, con la malattia emolitica, con la sepsi, con l'epatite neonatale, con la deficienza di alfa-tripsina e con la sindrome di bile spessa.
Detto dell'ittero fisiologico, che si estingue entro pochi giorni dopo la nascita, tra le deficienze costituzionali spiccano la sindrome di Crigler-Naijar (deficit di produzione dell'enzima glicuronil-transferasi) che è gravata da un alto indice di mortalità precoce  e la galattosemia neonatale (deficit degli enzimi della conversione del galattosio in glucosio) in cui l'ittero regredisce rapidamente dopo l'interruzione di assunzione del galattosio, ma anche spontaneamente nell'arco di alcune settimane.
L'ittero emolitico risulta dalla incompatibilità tra il gruppo sanguigno del feto e quello della madre. L'incremento di bilirubina è in questi casi di tipo indiretto (bilirubina non coniugata) ed il test di Coombs è positivo per una incompatibilità del fattore Rh ma negativo per una incompatibilità ABO.
Una sepsi diffusa può determinare un ittero neonatale per danno epatico; una forma di particolare interesse è data dalla malattia da inclusioni citomegaliche (epatite da citomegalovirus) caratterizzata da ittero, epato-spleno-megalia, microcefalia, ritardo mentale, disturbi motori e petecchie.
Un 15% dei casi di ittero neonatale si attribuisce alla "sindrome da bile spessa"; i neonati affetti mostrano un normale sviluppo dell'albero biliare ma segni di occlusione del canalicoli da aumentata viscosità della bile per deficienza enzimatica di alfa-tripsina.
In ogni caso il supporto diagnostico strumentale è affidato alla biopsia epatica - per la discriminazione di una epatite a sostegno dell'ittero - ed alla scintigrafia con tecnezio 99m, che sfrutta l'eliminazione fecale del radionuclide (massima nelle epatiti, compresa tra 2% e 4% nelle atresie).

TRATTAMENTO
Estremamente critico è il "timing chirurgico", cioè la scelta del momento opportuno per intervenire.
La chirurgia è indifferibile se c'è certezza di assenza di bile nelle feci e di urobilinogeno nelle urine, unitamente ad un incontrollato incremento della bilirubina sierica. La ragione della tempestività dell'atto chirurgico è nella irreversibilità del danno epatico entro un lasso temporale di un paio di mesi, con sviluppo di una cirrosi biliare entro sei settimane dall'esordio della clinica.
Il trattamento consiste nell'esplorazione epato-biliare per l'identificazione del maggiore o minore coinvolgimento del sistema  escretore; cui segue una procedura derivativa tra il segmento biliare pervio (dotti epatici, dotto cistico, colecisti) e il duodeno o un'ansa digiunale defunzionalizzata.
Nei casi di atresia extraepatica, Kasai (uno dei massimi competenti in tema di atresie biliari) ha proposto una classificazione chirurgica in tre classi:
Tipo I : atresia del dotto epatico comune.
Tipo II : atresia di uno o entrambi i dotti epatici principali.
Tipo III : atresia della "porta hepatis".
Per quest'ultimo caso, il più grave, ha proposto una  epatico-porto-enterostomia con doppia anastomosi a Y (alla Roux), in cui la III o IV ansa digiunale viene anastomizzata all'ilo epatico e la continuità intestinale è realizzata con una entero-enterostomia a valle, distante a sufficienza per evitare una angiocolite da reflusso.

RISULTATI
In generale i risultati del trattamento - anche quando si sia potuto ottenere un buon drenaggio biliare - non sono incoraggianti; lo sviluppo di una colangite, di una cirrosi e di un quadro di ipertensione portale limita fortemente il successo terapeutico definitivo.

10.
11.

12.
13.

14.
15.
16.
17. 

I processi infiammatori della via biliare extra-epatica comprendono le colecistiti (acute e croniche, con o senza litiasi associata), le angiocoliti suppurative e le papillo-odditi.
Il valore della corretta conoscenza di queste patologie scaturisce tanto dalla particolare serietà di alcuni quadri clinici quanto dalla gravità delle complicanze, che spesso completano l'evoluzione delle manifestazioni primarie dell'affezione.

COLECISTITE ACUTA BATTERICA
Nella maggioranza dei casi rappresenta la complicanza di una litiasi o di un processo infiammatorio a decorso cronico della colecisti; anche se non sono infrequenti casi insorti in assenza di calcoli.
Nelle forme associate a litiasi (95% dei casi) non è chiaro se la calcolosi sia la causa o l'effetto dell'infiammazione.
A sostegno di quest'ultima ipotesi vi è il riscontro in letteratura del solo 25% di colecistolitiasi che evolvono verso un processo flogistico, oltre al riconoscimento delle modifiche parietali in senso flogistico quali fattori favorenti la precipitazione litiasica nel lume viscerale; contro tale asserto gioca invece la sequenza ben nota di : ostacolato svuotamento della colecisti --> ischemia parietale della stessa --> irritazione chimica del rivestimento epiteliale --> invasione batterica.
L'azione traumatica esercitata dai calcoli sulla parete viscerale ne determina un danno ischemico con effetti principalmente sul rivestimento epiteliale e liberazione cellulare di enzimi lisosomiali e fosfolipasi-A; quest'ultima converte le lecitine in isolecitine, che sono in grado di suscitare una risposta infiammatoria parietale.
L'evento terminale è dato dalla proliferazione batterica (Escherichia Coli, Klebsiella, Enterococchi, Aerobacter Aerogenes, Stafilococchi), come dimostrato dalla relativamente bassa incidenza di colture biliari positive all'esordio della patologia, in contrasto con la positività nel 60% delle flogosi conclamate.
Nelle forme alitiasiche (5%) si annoverano due gruppi di pazienti: quelli nei quali si riconosce la presenza di bile litogenica e quelli nei quali la flogosi si sovrappone ad una malattia debilitante pre-esistente (diabete, insufficienza renale cronica, poliartrite nodosa, ipertensione arteriosa) o consegue ad eventi traumatici e ustioni.
La frequenza con la quale la patologia si presenta in corso di febbre tifoidea, polmonite pneumococcica e setticemia da Escherichia Coli fa comprendere quali siano gli agenti patogeni più comuni; la propagazione batterica segue la via ematica o linfatica, occasionalmente anche biliare; mentre è eccezionale una patogenesi da reflusso duodeno-biliare infetto, alla quale concorre l'azione chimica esercitata dal succo pancreatico.
Il quadro clinico - caratterizzato da colica biliare (75% dei casi) nelle forme litiasiche, dolore continuo e di intensità crescente nelle forme alitiasiche, nausea, vomito, febbre e distensione della colecisti - può risolversi in remissione con apposita terapia, senza necessità di ricorrere ad un intervento chirurgico (30% dei casi); mentre l'evoluzione verso la suppurazione è particolarmente frequente nei soggetti che abbiano raggiunto o superato i 65 anni di età.
Le complicanze di maggior riscontro sono costituite dall'empiema, dalla gangrena e dalla perforazione della colecisti, unitamente all'ascesso subfrenico ed alla pileflebite (flebite della vena porta).
L'empiema (20% circa dei casi) è conseguenza dell'edema e dell'ostruzione al deflusso biliare, con suppurazione del suo contenuto; la gangrena (15% dei casi) aggiunge alle componenti patogenetiche appena elencate l'ischemia parietale ed è più frequente nei soggetti con oltre 60 anni di età e pregressi arterosclerotici o trombofilici.
La perforazione, che più spesso consegue alla gangrena, ha una incidenza intorno al 5% dei casi di colecistite acuta; la possibilità che da essa origini un quadro di ascesso circoscritto o di peritonite diffusa è da mettere in relazione con le modalità di realizzazione della perforazione: acuta (con fuoriuscita di bile in peritoneo libero e prognosi quasi costantemente infausta), subacuta (con evoluzione verso un ascesso peri-colecistico), cronica (con formazione di aderenze colecisto-viscerali e successivamente di fistole colecisto-enteriche).
Al trattamento medico - di prima scelta, in assenza di complicanze acute - può seguire la necessità di una procedura chirurgica in caso di insuccesso terapeutico conservativo. Il "timing" operatorio è argomento controverso, essendo aperta la disputa tra i sostenitori di una aggressione chirurgica nelle prime 48-72 ore dall'esordio clinico ed i fautori di una attesa vigile utilizzata per raffreddare il processo flogistico acuto.
Quest'ultima tattica trova maggiori consensi, specialmente in soggetti afflitti da malattie che incrementano il rischio chirurgico (infarto miocardico, insufficienza cardiaca, polmonite); procrastinare l'intervento è addirittura imperativo in presenza di una pancreatite acuta associata, la cui completa remissione deve essere ottenuta prima di un qualsiasi intervento sulle vie biliari.
La scelta chirurgica cade massimamente sulla colecistectomia, con esplorazione delle vie biliari per la ricerca di eventuali calcoli; il riscontro di una colangite suggerisce l'applicazione di un drenaggio biliare esterno (mediante tubo a T di Kehr).
La prognosi risente di molti fattori; tra essi spiccano il sesso (la mortalità operatoria è più alta nei maschi), l'ittero (la mortalità operatoria cresce con esso), il tempo (influenza sulla mortalità operatoria dell'intervallo tra l'episodio acuto e l'intervento chirurgico), l'atto operatorio (mortalità decalante con la riduzione della durata e del trauma chirurgico), l'età (mortalità e morbilità crescono con il crescere dell'età del paziente).

SINDROMI CLINICHE ASSOCIATE A COLECISTITE ALITIASICA
Sono la colecistite acuta post-traumatica, quella post-operatoria e quella dell'infanzia.
La prima consegue a politraumatismi, a sepsi o ad ustioni; è prevalente nei maschi giovani ed in serio pericolo di vita; la prognosi è riservata e gli indici di mortalità risentono necessariamente della gravità del trauma e della risposta individuale allo stress.
La forma post-operatoria si sviluppa generalmente nell'immediato post-operatorio di interventi di una certa entità, per lo più in soggetti di sesso maschile e in età avanzata, nei quali sono chiamati in causa la disidratazione, la stasi biliare e la caduta delle difese immunitarie. Presenta un alto indice di perforazioni e di mortalità.
La forma infantile, diversa da quella registrata in corso di malattia emolitica, rappresenta una complicanza di malattie sistemiche o di grave stress; frequentemente evolve verso la suppurazione e si giova di un trattamento chirurgico comprendente sia la colecistectomia che un drenaggio biliare secondo necessità.

COLECISTITE ACUTA ENFISEMATOSA
E' una rara forma infiammatoria, generalmente di tipo gangrenoso, caratterizzata dalla presenza nel lume della colecisti di gas prodotto dai germi della putrefazione; a volte è presente gas anche nell'area peri-coledocica, raramente nell'albero biliare extra-epatico.
Predilige soggetti di sesso maschile (rapporto M/F pari a 3:1), diabetici (20%) ed in età avanzata (75%); è spesso associata a litiasi e preceduta da ripetuti attacchi di colecistite batterica.
Fattore favorente l'insorgenza della patologia è l'ostruzione del colletto della colecisti o del dotto cistico ad opera di un calcolo; o la semplice angolazione duttale come si può verificare nel "kinking" o nella costrizione da linfonodi ingrossati o anomalie vascolari.
L'evoluzione del processo - sostenuto dal Clostridium Perfrigens, che raggiunge la colecisti per via biliare, ematica o linfatica - è favorita dall'ischemia parietale e dall'ipertensione biliare, conducendo frequentemente alla perforazione del viscere.
Il trattamento è chirurgico (colecistectomia ed eventuale esplorazione epato-coledocica) dopo un periodo di esposizione in camera iperbarica; la prognosi è gravata da una mortalità globale intorno al 10%, con indici che si approssimano al 50% per trattamenti chirurgici successivi ad un fallimento della terapia medica.

COLECISTITI CRONICHE ALITIASICHE
Destano interesse per un quadro clinico in stretta dipendenza con l'alterazione funzionale della colecisti conseguente alla flogosi, con manifestazioni ascrivibili ad assorbimento di sostanze tossiche attraverso la parete danneggiata dal processo infiammatorio.
L'assenza di calcoli deve sconsigliare il trattamento ablativo della colecisti in quanto accentua le manifestazioni discinetiche post-operatorie.
Un cenno particolare meritano tre forme ad andamento cronico: la colecistite ghiandolare proliferante, la colesterolosi colecistica ed il mucocele.
La prima è una forma poco frequente, caratterizzata da stenosi trasversali nel contesto del viscere e piccole formazioni nodulari nel fondo dell'organo che assomigliano ad adenomi.
Il rivestimento mucoso della colecisti presenta numerose cripte epiteliali (seni di Rokitansky-Aschoff) che si approfondano a tutto spessore fino a raggiungere la sierosa; è la distribuzione segmentaria di queste espressioni patologiche a conferire il quadro di stenosi o di pseudoadenomatosi, a volte coesistenti. La colecistectomia è indicata solo in presenza di litiasi (non usuale).
La colesterolosi colecistica - o colecisti a fragola - è caratterizzata da infiltrazione di lipidi ed esteri del colesterolo nello strato mucoso del viscere. Ad etiologia oscura, mostra predilezione per i soggetti in età avanzata, generalmente in concomitanza con un processo di colecistite catarrale; si avvale di un trattamento chirurgico di colecistectomia con ottimi risultati.
Il mucocele (idrope), infine, è identificato dalla distensione della colecisti repleta della secrezione mucosa delle ghiandole della sua stessa parete. Il liquido ha aspetto vischioso e filante; se vi è superinfezione (piocele o empiema) si associa ispessimento parietale della colecisti o del dotto cistico con conseguente ostruzione al deflusso biliare e rischio di perforazione.
La terapia è chirurgica e l'urgenza del trattamento è riservato alle condizioni di empiema per prevenire il rischio di diffusione peritoneale del contenuto settico.

COLANGITE ACUTA SUPPURATIVA
Descritta per la prima volta da Charcot nel 1877, è caratterizzata da una flogosi ad evoluzione suppurativa che interessa l'intero albero biliare.
Più frequente negli anziani, non mostra predilezione di sesso.
A sostegno della patologia si riconoscono agenti patogeni aerobi (Escherichia Coli, Klebsiella Aerogenes, Streptococcus Faecalis) ed  agenti anaerobi (Clostridium Welchii) che raggiungono la via biliare provenendo dall'intestino, sia attraverso il torrente ematico o linfatico, sia con meccanismo di reflusso in presenza di una pregressa papillosfinterotomia o di una derivazione bilio-digestiva (colangite ascendente). Fattori predisponenti sono tutte le condizioni di ostacolato deflusso biliare in duodeno, dalla litiasi alle stenosi neoplastiche ed alle fibrosi papillari.
La manifestazione infiammatoria, generalmente a carattere ricorrente o intermittente, presenta un grado di severità proporzionale alla virulenza dell'agente patogeno ed all'entità dell'ostruzione. La transitoria batteriemia da Gram-negativi, dovuta ad una inversione del gradiente pressorio a livello dell'epatocita, subisce un graduale e progressivo incremento con l'aggravarsi dell'ostruzione, provocando una setticemia fulminante con rapida evoluzione verso lo shock settico e la formazione di ascessi multipli epatici e pileflebite.
Dolore, febbre ed ittero, nella sequenza descritta, sono i segni clinici patognomonici della patologia (diagnosi differenziale con la neoplasia della papilla di Vater, nella quale l'ittero precede la febbre e decala dopo il rialzo termico); i segni della sepsi denunciano la fase avanzata del processo, la cui gravità è confermata dalla comparsa di confusione mentale e letargia, fino al coma. La disidratazione - conseguente al vomito, all'ipertermia, alla inappropriata assunzione di liquidi ed alla diarrea per il passaggio di bile infetta nell'intestino - completa il corredo sintomatologico, unitamente allo shock secondario alla produzione di endotossine da parte dei batteri Gram-negativi in circolo.
Gli elevati indici di mortalità dell'affezione - 30% globale, con incremento fino al 100% negli stadi terminali - suggeriscono l'opportunità di un intervento chirurgico sollecito (alle prime manifestazioni dell'evoluzione del processo) tendente alla realizzazione di una decompressione biliare mediante un drenaggio esterno con tubo a T (Kehr) associata alla colecistectomia.

COLANGITE PIOGENICA RICORRENTE
Patologia particolarmente diffusa tra le popolazioni del Sud-Est asiatico, colpisce tutte le età ma dimostra una maggiore frequenza tra la III e la V decade di vita, senza differenze di incidenza quanto al sesso.
Escherichia Coli e Streptococcus Faecalis sono gli agenti patogeni più frequentemente isolati e coltivati nella bile dei soggetti affetti, provenienti dall'intestino in corso di enteriti sostenute da detti microrganismi; alla patogenesi concorrono fattori predisponenti - rappresentati da cause metaboliche ed emolisi - che inducono alla formazione di calcoli e di edema infiammatorio dello sfintere di Oddi; nonchè eventuali infestazioni da Ascaridi, Fasciola e Clonorchia (presente nel 90% dei casi registrati nella popolazione cinese).
Il quadro clinico è dominato dal dolore (costantemente presente in tutti i casi di malattia, ma non in tutti gli stadi della stessa), dall'ipertermia (solo nelle fasi acute), dall'ittero (50%, mentre l'iperbilirubinemia è presente nella totalità dei casi) ad andamento ondulante ed invariabilmente collegato con la coesistenza di litiasi.
Nausea e vomito sono molto frequenti nelle fasi di acuzie della malattia, la cui caratteristica essenziale è data dalla ricorrenza nell'arco di molti anni, con remissioni spontanee tra un attacco ed il successivo.
Il trattamento medico è essenzialmente di copertura antibiotica e di correzione delle alterazioni dell'equilibrio idrosalino; mentre la terapia chirurgica - che non deve essere dilazionata oltre il lecito, specie in presenza di ittero ed ipertermia - deve mirare alla realizzazione di un drenaggio bilio-digestivo permanente dopo rimozione dei calcoli dall'albero biliare.
Allo scopo una coledocoduodenostomia si fa preferire ad una semplice papillosfinterotomia. la cui indicazione resta confinata ai casi in cui il coledoco non sia eccessivamente dilatato. Inefficace è il drenaggio biliare esterno su tubo di Kehr.
L'associazione di una colecistectomia è comunque imperativa, così come il drenaggio di eventuali voluminosi ascessi epatici concomitanti (la cui frequenza maggiore nel lobo sinistro può giustificare una lobectomia omolaterale in presenza di lobo destro indenne).

COLANGITE SCLEROSANTE PRIMITIVA
Patologia infrequente che coinvolge in parte o totalmente l'albero biliare extraepatico, occasionalmente anche le radici biliari intraepatiche. Viene definita anche colangite obliterante per il progressivo ispessimento delle pareti duttali fino alla obliterazione del lume.
Può presentarsi in associazione alla litiasi, ma questa combinazione non è obbligatoria; è frequente l'associazione con la colite ulcerosa, lo struma di Riedel e la fibrosi retroperitoneale.
L'incidenza è prevalente nei soggetti di sesso maschile, tra la IV e la VI decade di vita; la patogenesi è incerta, andando da una possibile etiologia batterica (nei casi associati a colite ulcerativa) ad una virale (sostenuta dalla linfocitosi con linfociti atipici riscontrata nel siero dei pazienti affetti) o allergica. Non si esclude anche una malattia del collagene tra le possibili cause eziologiche.
La necessità di una diagnosi differenziale con il carcinoma sclerosante impone la massima attenzione alle espressioni cliniche della malattia ed alla sua evoluzione. L'ittero è generalmente associato a dolore intermittente, nausea, vomito e febbre con brivido; il persistere del quadro clinico conduce alla cirrosi biliare ed alla ipertensione portale, con varici sanguinanti ed ascite.
La diagnosi, tuttavia, è generalmente intraoperatoria per il riscontro di una densa reazione infiammatoria nell'area del legamento gastroepatico in cui il tratto biliare si apprezza alla palpazione di consistenza simile ad un cordone anelastico, la cui sezione risulta abbastanza difficoltosa. La colangiografia intraoperatoria conferma il sospetto clinico con il caratteristico assottigliamento del tratto biliare coinvolto nel processo.
Il trattamento dipende dall'estensione del coinvolgimento della via escretrice biliare. La scelta più conservativa cade sul drenaggio esterno con tubo di Kehr e conservazione della colecisti - se indenne - per un eventuale suo impiego successivo in una derivazione interna. La concomitante somministrazione di cortisone e fluidificanti biliari (acido deidrodesossicolico) nel post-operatorio viene protratta fino al raggiungimento di una buona pervietà del tratto biliare interessato.
L'efficacia della riportata combinazione terapeutica è dimostrata dalla riduzione della mortalità globale; ma la prognosi è spesso riservata per la difficoltà diagnostica differenziale con il carcinoma sclerosante biliare.

FIBRO-STENOSI DELLO SFINTERE DI ODDI
Patologia molto rara, descritta per la prima volta da Del Valle nel 1926 e caratterizzata da un processo infiammatorio acuto o subacuto del complesso papillare di Vater con evoluzione verso la stenosi ostiale e la conseguente dilatazione dell'albero biliare.
La natura flogistica primitiva della lesione è confermata dall'edema e dalla infiltrazione papillare con microlesioni emorragiche sparse; la cronicizzazione del processo è documentata dall'accentuazione della componente fibrosa con evoluzione verso la formazione di tessuto cicatriziale.
Il quadro clinico - caratterizzato da crisi dolorose (30%), coliche biliari (25%), ittero (60%) ed episodi di pancreatite ricorrente (70%) - non mostra stretta correlazione con le lesioni patologiche.
La diagnosi è confermata dalla colangiografia retrograda endoscopica e dalla manometria intra-operatoria; il trattamento è chirurgico, affidato alla realizzazione di una papillosfinterotomia (endoscopica o a cielo aperto).

18.
19.

20.

21.

22.

23.

24.

25.

26.

27.

28.

29.

30.

31.

32.

Le lesioni traumatiche della via escretrice biliare si distinguono in accidentali e iatrogene; possono interessare sia la colecisti che l'albero escretore extraepatico.
I traumi della colecisti sono piuttosto infrequenti, con una incidenza approssimativa del 2% dei traumi addominali maggiori (solo in qualche casistica è riportata una incidenza intorno al 9%).
Sono generalmente lesioni penetranti, ferite da armi da fuoco o da taglio; mentre i traumi chiusi sono conseguenza di incidenti stradali, calci o cadute.
Insolitamente isolate (5%), più frequentemente si riscontrano in associazione a lesioni epatiche (70%), digiuno-ileali (10%) e del colon (15%).
I tipi più frequenti di accidenti sono : contusioni, avulsioni, rotture e flogosi post-traumatiche; gli effetti sono strettamente dipendenti dal tipo di trauma e dalla dinamica della sua realizzazione. Così a seguito di un trauma contusivo si può verificare una necrosi e perforazione parietale della colecisti, mentre un volvolo può fare seguito alla sua avulsione.
La lacerazione della parete viscerale è il più comune effetto di una ferita penetrante, ma si può realizzare anche nel contesto di un trauma chiuso addominale; la rottura può essere anche tardiva, come conseguenza del danno vascolare parietale dipendente dall'evento traumatico.
La colecistite post-traumatica è una condizione alquanto inusuale, strettamente correlata con un trauma chiuso addominale; il sanguinamento endoluminale dovuto al trauma precipita la manifestazione flogistica fino alla gangrena ed alla rottura del viscere.
Gli effetti clinici più evidenti sono il coleperitoneo e l'emobilia, accompagnati da ittero intermittente ed eventualmente da ematemesi e melena; non sono infrequenti i quadri di shock ipovolemico in stretta connessione con la reazione peritoneale all'insulto chimico biliare.
Nella maggioranza dei casi lo stravaso di bile sterile è ben tollerato e comporta una reazione peritoneale modesta; solo raramente il versamento di bile infetta in peritoneo comporta una peritonite fulminante con esito spesso fatale.
Da qui il basso indice di mortalità per traumi chiusi addominali (contusioni), in contrasto con i traumi aperti (ferite) nei quali la superinfezione comporta un incremento della mortalità.
La diagnosi è  agevole nei traumi aperti dell'addome, facilitata dalla perdita di bile dalla breccia della ferita; meno nei traumi chiusi, nei quali le manifestazioni cliniche possono essere spesso differite anche di 24-36 ore dall'evento traumatico. In questi casi l'attenzione è richiamata dal dolore e dalla resistenza della parete addominale, eventualmente dallo shock (se presente). Di grande aiuto è altresì la positività di bile raccolta per paracentesi (la negatività, però, non esclude la diagnosi di lesione traumatica); in questi casi la certezza è affidata alla laparotomia esplorativa.
Il trattamento è ovviamente chirurgico e va dalla semplice sutura diretta della lacerazione alla colecistostomia (solo in casi selezionati, per pazienti ad elevato rischio chirurgico nei quali è mandatario limitare il tempo operatorio o evitare una lesione accidentale del coledoco imbrigliato in una densa reazione infiammatoria dell'area) fino alla colecistectomia (obbligatoria in casi di avulsione o di volvolo).
La prognosi è variabile, direttamente proporzionale all'entità  delle lesioni eventualmente associate.
Le lesioni traumatiche isolate dell'albero biliare extraepatico sono certamente meno frequenti di quelle che coinvolgono la colecisti; più spesso si associano a lesioni di altri visceri. Tuttavia una transezione completa epato-coledocica è riportata in letteratura in media in un 15% dei traumi addominali.
Le espressioni cliniche sono sovrapponibili a quelle descritte per le lesioni della colecisti; fermo restando che la diagnosi differenziale resta comunque estremamente difficoltosa, il più delle volte demandata all'esplorazione chirurgica.
Caratteristica discriminante con le rotture della colecisti è lo spandimento biliare sia intra- che retro-peritoneale (per la topografia anatomica del tratto escretore biliare), che obbliga all'esposizione dell'area retroduodenale per accertarsi dell'integrità o meno dell'epatocoledoco.
La riparazione è chirurgica, con una ricostruzione diretta su tutore della continuità canalicolare  - quando possibile -  o con una derivazione bilio-digestiva per perdite di sostanza maggiori (previa evacuazione della raccolta biliare e copertura antibiotica a dosi generose).
La grande maggioranza delle lesioni delle vie biliari extra-epatiche è tuttavia iatrogena, verificandosi in corso di interventi diretti o indiretti, sia per errore tecnico che per condizioni anatomiche sfavorevoli.
Può accadere, in corso di colecistectomia, di incorrere in una sezione accidentale della via biliare per la presenza di una colecisti contratta (sclero-atrofica) o che presenti intime aderenze tra l'infundibolo e il dotto epatico comune; o per il clampaggio cieco dell'arteria cistica nell'intento di dominare un'emorragia improvvisa.
Allo stesso modo si può verificare una legatura accidentale della giunzione cistico-coledocica per una eccessiva trazione sul moncone cistico nelle manovre di esposizione dello stesso per la separazione della colecisti dalle sue connessioni con la via biliare escretrice.
Non sono da trascurare, infine, le eventuali anomalie anatomiche vascolari e biliari nell'area del triangolo di Calot, il cui accesso è obbligatorio per il reperimento dell'arteria cistica e la sua legatura nella procedura tecnica della colecistectomia.
La riparazione del danno avviene direttamente al momento dell'intervento elettivo (15% dei casi); nel restante 85% la lesione può passare misconosciuta in prima istanza ed evidenziarsi nel post-operatorio con ittero (per legatura accidentale della confluenza cistico-coledocica) o coleperitoneo (per sezione parziale o totale della via escretrice).
Nei casi più subdoli la clinica può manifestarsi anche dopo qualche giorno o settimana, con i sintomi appena descritti arricchiti da epato-megalia per l'ostruzione biliare conseguente alla fibrosi cicatriziale ed alla colangite ascendente spesso associata. Talvolta per eccessiva colpevole attesa si instaura un quadro di cirrosi biliare con epato-spleno-megalia.
La diagnosi, già sospettata clinicamente, trova conferme nella colangiografia - percutanea o ascendente endoscopica o combinate - e nella colangioRM; metodiche in grado di definire la natura della lesione, la sua esatta sede e le modalità di correzione più idonea.
Nei casi identificati già al momento della loro realizzazione la lesione si giova di una ricostruzione diretta su tutore; nei casi identificati in un tempo successivo la riparazione può essere effettuata sia con una ricostruzione diretta - se la compromissione è limitata - sia con una anastomosi bilio-digestiva tra il tratto biliare a monte della lesione ed il duodeno o un'ansa digiunale defunzionalizzata alla Roux.
La prognosi è generalmente buona quando la riparazione è immediata; è invece gravata da una mortalità per-operatoria pari allo 8% e post-operatoria pari al 10% nei casi in cui la riparazione sia tardivamente realizzata (quando già si è instaurato un quadro di insufficienza epatica).
Il successo terapeutico, globalmente considerato, si registra nel 70% dei casi; ma una guarigione stabile e permanente - per assenza totale di sintomatologia - può essere dichiarata solo dopo un periodo di almeno tre o quattro anni dall'evento.


33.

34.

35.

36.

37.

38.

39.

40.

41.

42.

43.

44.

BIBLIOGRAFIA

“Il cateterismo retrogrado endoscopico della papilla­ di Vater nella diagnostica delle affezioni bilio-pancreatiche.”
(in coll. con V. Pastore, M. Angelillo e G. Caianiello)
Min. Chir.: 32; 511, 1977

“La colangiografia retrograda endoscopica al di là del tradizionale esame per via venosa.”
( in coll. con G. C. Zotti, M. Angelillo, G. Caianiello e E. Porta)
Rivista di Radiologia : XVII; 37, 1977

“La papillosfinteroplastica nel trattamento delle cefalopancreatiti da reflusso.”
(in coll. con S. Masciariello e G.M. Nisticò)
Comun. XV Congr. Soc. di Chir. dell'Unione Medicale Mediterraneo‑Latina. Ischia, 1977

“La colangiografia endoscopica selettiva nelle indicazioni alla chirurgia delle vie biliari.”
(in coll. con V. Pastore e F. Frega)
Comun. VII Congr. Naz. della Soc. It. Endosc. Diges.: Palermo, 1977
Ediz. Rass. Int. Clin. Ter.: LVII; 1977

“I tutori protesici: possibilità di utilizzazione nella riparazione delle vie biliari. Studio sperimentale nel ratto.”
(in coll. con S. Masciariello, G. Pagano, P. Sangiuolo, M. Porcellini e G.M. Nisticò)
Comun. 80° Congr. Soc. It. Chir.; Roma, 1978
Atti Soc. It. Chir. – Vol. II ; 1978

“Attualità in tema di diagnostica endoscopica della patologia biliare.”
(a nome unico)
Relaz. Corso: “Progressi ed innovazioni nelle tecniche diagnostiche e terapeutiche in chirurgia digestiva.”
l^ Tavola Rotonda: Attualità di diagnostica funzionale, radiologica ed endoscopica pre-operatoria in chirurgia biliare. Erice, 1978.
Atti Acc. Scienze Med. di Palermo: 12; 301, 1978

“La nostra esperienza sul trattamento delle stenosi non neoplastiche delle vie biliari extraepatiche.”
(in coll. con F. Leone e F. Minieri)
Comun. Giornate Intern. Chir.: Roma, 1980
Ediz. Rass. Int. Clin. Ter.: LX; 1980

“La patologia non neoplastica della papilla di Vater.”
(in coll. con M.L. Santangelo, G. Romano, G. Belli, G. Del Bello)
Comun. IV Cong. Naz. S.I.P.A.D., Sess. Poster; Venezia, 1981
Ediz. Rass. Int; Clin. Ter.: LXI; 1981

“I drenaggi alla Voelker nei reinterventi sulle vie biliari.”
(in coll. con F. Leone, S. Masciariello e Q.A. Roberti)
Comun. IV Cong. Naz. S.I.P.A.D.; Venezia, 1981
Ediz. Rass. Int. Clin. Ter.: LXI, 1981

“La sindrome di Alonso‑Lej: considerazioni diagnostiche e terapeutiche.”
(in coll. con S. Sohma e T. Morishita)
Comun. IV Cong. Naz. S.I.P.A.D.; Venezia, 1981
Ediz. Rass. Int. Clin. Ter.: LXI; 1981

“La patologia della papilla di Vater indovata in un diverticolo paravateriano. Aspetti tecnici diagnostici e terapeutici per via endoscopica.”
(in coll. con S. Sohma)
Comun. IV Cong. Naz. S.I.P.A.D.; Venezia, 1981
Ediz. Rass. Int. Clin. Ter.: LXI, 1981

“La papillo‑oddite post‑colecistectomia. Nostra esperienza”
(in coll. con A. Aceto, S. De Luca e G.C. Zotti)
Rass. Int. Clin. Ter.: LXI, 433, 1981

“Il dépistage degli itteri chirurgici mediante USG e PTC.”
(in coll. con G. Magnifico, N. Della Volpe, A. Fimmanò e G. Liguori)
Comun. Cong. Bienn.
Sez. It. Int. Coll. of Surgeons. Milano, 1983
Ricerca Medica: Suppl. n.1, 1983

“Aspects échographiques de la pathologie obstructive bénigne et maligne des voies biliaires extrahépatiques”
(in coll. con M. Angelillo)
Relazione a: II Congrès de l’Entente Médicale Méditerranéenne.
Salonique, 1983.
Table Ronde sur: “Diagnostic des affections bénignes et malignes des voies biliaires extrahépatiques”.
Minerva Chirurgica Mediterraneo Latino: 2; 1984

“Applications diagnostiques et thérapeutiques de la ponction transcutanée hépatique dans la pathologie obstructive bénigne et maligne de la voie biliaire extrahépatique.”
(a nome unico)
Relazione a: II Congrès de l’Entente Médicale Méditerranéenne.
Salonique, 1983.
Table Ronde sur: “Diagnostic des affections bénignes et malignes des voies biliaires extrahépatiques”.
Minerva Chirurgica Mediterraneo Latino: 2; 1984

“Inquadramento diagnostico e terapeutico della litiasi biliare extra‑epatica: nostra esperienza.”
(in coll. con A. Fimmanò, G. Liguori, G. Di Mezza e G.C. Zotti)
La Riforma Medica: 99; 277, 1984

“Vie biliari extraepatiche.”
(in coll. con G. Zannini)
Cap. 29 bis del trattato: “Chirurgia: quesiti e problemi attuali”, diretto dal Prof. Giuseppe Zannini
Ed. USES – Firenze

“Applicazioni del metodo endoscopico nel trattamento della patologia benigna della papilla di Vater.”
Relazione al Congresso Internazionale della Sezione Italiana dell’I.C.S.
III Corso Nazionale di Aggiornamento in Chirurgia (Napoli, 15-16 febbraio 1985)
(a nome unico)
Minerva Chirurgica : 41; 191, 1986

“Valutazioni endoscopiche delle lesioni iatrogene della via biliare principale utili al loro trattamento.”
IV Congresso Congiunto SIPAD-AICEB: Aggiornamenti in Chirurgia dell’Apparato Digerente; Roma 4-6 giugno 1987
In coll. con R. Pisani, R. Ciancio, I. Carbone
Atti del Congresso – Parte II

“Il drenaggio biliare per via endoscopica.”
89° Congresso della S.I.C.: Napoli, 5-9 ottobre 1987
Corso di Aggiornamento : Patologia ostruttiva delle vie biliari
(a nome unico)
Atti del Congresso: Vol. Agg.; 129,1987

“Problemi di diagnosi e trattamento delle stenosi benigne della via biliare principale.”
Congresso della Sezione Italiana dello I.C.S. – Roma 16-20 febbraio 1987
In coll. con R. Pisani, A. Caiazza, A. Finizio, N. Della Volpe, M. D’ Antonio, G. Zannini
Minerva Medica: 80; 883, 1989

“La chirurgia biliare endoscopica oggi: attualità e prospettive.”
VI Congresso Nazionale della Società di Chirurgia del Mediterraneo Latino: Cagliari, 23-25 maggio 1990
(a nome unico)
Minerva Chirurgica: 46; 235, 1991

“Applicazioni di chirurgia endoscopica nel trattamento di alcune patologie della via escretrice biliare principale.”
VI Congresso Nazionale della Società di Chirurgia del Mediterraneo Latino . Cagliari, 23-25 maggio 1990
Giornate di videochirurgia. XI Convegno Internazionale di Chirurgia. VII Corso di aggiornamento. Copanello (CZ), 22-24 giugno 1990
In coll. con R. Pisani, A. Fimmanò, P.V. Frongillo, S. Coletta
Gazzetta Medica Italiana – Archivio Scienze Mediche: 150; 135,1991